Andie va a spasso

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sabato 29 ottobre 2011

La risposta non la devi cercare fuori...

Ricordo sempre quella scena del film L'attimo fuggente in cui il professore sale sul tavolo per rappresentare un'attitudine di apertura verso la vita grazie alla quale si è sempre pronti a cambiare il proprio punto di vista. Non per forza bisogna cambiarlo, ma sicuramente è più che consigliato guardare agli avvenimenti o ai problemi da un'altra prospettiva. Sempre. Prima di prendere una decisione e di stabilire cosa pensare e che posizione prendere. E comunque è più che saggio rimanere aperti alla possibilità di cambiare di nuovo idea, se approfondendo l'argomento si scoprono cose che prima non si sapevano e che cambiano la nostra opinione a riguardo.

Questo flusso naturale e costante ci permette di non essere delle pietre in balia delle nostre stesse croste mentali, ma di vivere come individui capaci di usare tutte le risorse che il nostro cervello ci offre.

A tal proposito, il libro Come decidiamo, di Jonah Lehrer, illustra un esperimento condotto su votanti dei due schieramenti politici americani (repubblicani e democratici). L'esperimento consisteva nel monitorare l'attività neuronale dei partecipanti mentre venivano loro comunicate alcune notizie contrastanti circa le posizioni prese dai loro politici preferiti, ossia, ad esempio: Durante la campagna elettorale, un dato giorno Bush ha affermato che intendeva assicurare la migliore copertura medica possibile per tutti i veterani del Vietnam; quello stesso giorno la sua amministrazione ha firmato una legge per tagliare la copertura medica a 164.000 veterani.
Riguardo al candidato democratico, Kerry, si è detto ai partecipanti che aveva, a distanza di poco tempo, fatto affermazioni contrastanti sul suo voto per l'autorizzazione della guerra in Irak.
Al termine delle operazioni, si è chiesto a entrambi i gruppi quale delle due menzogne fosse più grave. Tutti quelli che votavano per Bush hanno affermato che la menzogna più grave era quella di Kerry, mentre quella di Bush non era poi tanto grave e viceversa.

Questo dimostra quanto il cervello, per restare tranquillo e non dover rivedere le proprie posizioni anche quando sa che sono sbagliate, racconta balle a sé stesso per stare con la coscienza a posto. Nel cervello avviene una vera e propria lotta tra diverse regioni, mirata a mantenere la propria opinione mentre si viene informati della contraddizione o della verità. Invece di utilizzare la parte razionale del cervello per ragionare sulle affermazioni contrastanti e giungere alla naturale conclusione, i partecipanti la stavano utilizzando per difendere il proprio candidato e una volta convinto tutto il cervello che questo aveva ragione e che l'altro era nel torto, hanno fatto appello al circuito interno della ricompensa che ha generato una sensazione di piacere a cui, naturalmente, si sono attaccati e da cui non volevano staccarsi più.

Dunque, quando non vogliamo ammettere qualcosa, utilizziamo tutto il nostro potenziale intellettuale per darci delle scuse e convincerci che abbiamo ragione, ignorando le informazioni di cui non vogliamo tenere conto e inventando cose che possano sostenere la tesi desiderata, quando siamo a posto con questa opera di convincimento, ecco che ci arriva la nostra dose di emozione positiva a farci sentire talmente bene da non darci per niente al mondo la voglia di uscire dalla questa zona di confort e metterci in discussione. Quindi il problema è chimico!! Basta solo accettare di sentirsi male per un po' e fare i conti con la chimica del fastidio e rimettere in discussione le proprie idee quando si sa benissimo che sono sbagliate.

Come diceva il mio idolo Quelo: la risposta non la devi cercare fuori, la devi cercare dentro e però è....
sbagliata!


3 commenti:

  1. I soliti studi degli psicologi: c'era bisogno di uno studio per capirlo? nooooo

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  2. Non sono psicologi, ma neuroscienziati e documentano la cosa dal punto di vista cerebrale e non comportamentale.

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  3. lo stesso la scoperta dell'acqua calda

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