Andie va a spasso

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lunedì 25 luglio 2011

Minaccia di raccomandata

A Parigi affittare una casa è un lavoro a tempo pieno. E soprattutto, se non avete un Dossier, nessuno vi affitterà mai nulla.

Un DOSSIER... adesso per me queste sono bazzecole, ma i primi tempi niente mi faceva più paura della fatidica domanda: Signora, ma LEI HA UN DOSSIER? Diventavo piccola, piccola, mi nascondevo sotto il tavolo e vedevo un signore di nome Dossier diventare sempre più grande e guardarmi dall'alto con aria minacciosa.

Anche per affittare casa, qui ci vuole un dossier. E vediamo cosa metterci dentro: fotocopia della carta d'identità, ultime tre buste paga, dichiarazione del datore di lavoro che le buste paga sono vere, ultima dichiarazione dei redditi, dichiarazione dell'agenzia delle entrate che la dichiarazione dei redditi è vera..se fin qui non ci sono problemi, se avete un buon profilo, siete ingegnere, medico e guadagnate oltre 4000€ al mese non ci sono problemi, in tutti gli altri casi servono anche un garante, le ultime tre buste paga del garante, la dichiarazione del suo datore di lavoro che le buste paga sono vere, l'ultima dichiarazione dei redditi del garante, la dichiarazione dell'agenzia delle entrate che la dichiarazione dei redditi è vera, un vostro estratto conto, le coordinate bancarie, il gruppo sanguigno di vostra madre, il libretto delle vaccinazioni obbligatorie e i vostri voti scolastici dalla prima elementare al quinto liceo, giusto per capire che tipo di persona siete.
Ma non crediate che se avete un buon dossier l'avrete vinta, magari c'è qualcuno che ce l'ha migliore di voi. Eh sì perché le visite agli appartamenti avvengono a gruppi, il proprietario stabilisce l'ora e il giorno e tutti gli interessati si devono presentare con dossier già pronto nel caso gli piaccia la casa e la vogliano prendere. Poi il proprietario prende una settimana per studiare i dossier e decidere chi è più ricco, chi secondo lui ha fatto i migliori studi, ha il miglior profilo e soprattutto le più basse possiblità di non pagare. Eh sì, perché, bisogna dirlo, la scusa che i proprietari adducono per tutte queste richieste assurde senza fine è che la legge difende gli affittuari e se questi ultimi smettono di pagare né il proprietario né la polizia possono metterli in strada. Ed ecco perché ci sono decine di migliaia di casa vuote a Parigi, i proprietari preferiscono non affittare per non avere problemi. Al contempo la gente non sa dove andare a vivere.

Anyway, prima di avere il diritto di sapere il giorno e l'ora di visita degli appartamenti dovrete chiamare al telefono la proprietaria/o e dovrete passare attraverso uno serie di domande che potranno essere di un'infinita varietà a seconda del grado di benessere/malessere mentale, pregiudizi, esperienze trascorse della proprietaria/o.
- Lei ha un accento, da dove viene?
- Italia.
- Italia, dove?
- Napoli
- Ah.

Una volta mi hanno detto: Lei ha un accento, da dove viene?
- Perché lo vuole sapere?
- Perché affitto solo ad alcune nazionalità.
- Ah davvero e perché?
- Perché ci sono delle nazionalità con cui mi trovo meglio.
- Ah davvero? e per esempio.
- Questo non posso dirglielo.
- D'accordo, chiamo il giornale e chiedo di togliere il suo annuncio per tale ragione, arrivederci. E poi non vorrei mai averla come proprietaria.

Altre domande possibili sono: quante lavatrici fa alla settimana, quante persone vengono a trovarla al mese, quanto spesso fa feste, se ha intenzione di organizzare cene (una volta un'altra proprietaria mi disse: Questo appartamento non è fatto per ricevere gente), se si depila, se mangia molti carboidrati, se parla con gli sconosciuti, ecc..

Abbiamo parlato dei Dossier del terrore, delle domande sulle origini, vogliamo parlare delle case? Perché se si dovesse affrontare tutto ciò per dei castelli con piscina, io lo capirei anche, ma vogliamo parlare a COSA tengono questi proprietari? Vogliamo parlare delle fatidiche perdite d'acqua che costituiscono il terrore di tutti i francesi, assieme agli incendi domestici, ai dossier di affitto e acquisto case e alla mitica gastrò (ne parleremo un giorno non vi preoccupate)?
Qui, le perdite d'acqua in casa sono una calamità nazionale, sono sicura che il 99% dei francesi che vivono in edifici ha perdite almeno 10 volte l'anno. D'altronde è divenuta una delle cause principali di assenza dal lavoro, prima delle malattie. E nessun capo oserebbe opporsi a un'assenza dovuta a perdita d'acqua in casa, perché anche lui sa cosa significa, anche lui ne ha avute due la settimana prima e tre il mese prima e se potesse si opporrebbe a un'assenza per malattia ma non si opporrà mai a un'assenza per perdita d'acqua. Nella mia casa attuale, TUTTI i rubinetti perdono, ma quando l'abbiamo detto al proprietario non sembrava molto interessato, ci ha detto di stringerli meglio. Non sa che ogni sera io e la mia coinquilina facciamo i turni per chiuderli in modo che non sia sempre la stessa a rompersi la mano prima di andare a dormire. Abbiamo trovato dei panni che facciano attrito e che ci aiutino a stringerli al massimo, ma spesso senza successo e pertanto siamo obbligate a convivere con il pling, pling, pling, pling, pling costante e rassegnato.

Che dire della suddivisione della spazio? Dei 9m2 concessi dalla legge per un monolocale. Delle vecchie portinerie trasformate in appartamenti da cui si sentono tutti i sospiri dell'intero palazzo e in cui non arriva mai un raggio di sole (beh, è vero che quello non arriva neanche nelle case normali).

Questo può essere un esempio calzante: qualche anno fa ero alla ricerca di una casa (a Parigi lo si è sempre e comunque), ero davvero disperata (qui lo si è sempre e comunque) e appena ho trovato una proprietaria non francese mi sono fiondata sull'annuncio pensando di avere maggiori speranze. Sono andata a visitare la casa alle 13 circa e l'ho guardata con gli occhi della disperazione di restare senza tetto. Risultato: l'ho adorata! In un quartiere che mi piaceva, in una strada che mi piaceva, con un cortile tutto mio! una cucina, un bagno con vasca, un grande armadio. La proprietaria era americana, super simpatica, mi ha detto che era disposta a cambiare il riscaldamento (ah!! il riscaldamento, l'ho dimenticato nella lista degli orrori di cui sopra, ricordatemi di parlarne più tardi) perché era diventato vecchio, mi ha detto che se voleva poteva comprarmi qualche altro mobile per il salone, insomma non mi sembrava vero...
Per il nostro secondo incontro, mi ha invitata a casa sua, ci siamo intrattenute un po' a parlare e quando le ho detto che lavoravo al Ministero degli Esteri sembrava felice, non voleva garante!! non voleva nulla, solo il mio estratto conto che sembrava soddisfarla, si fidava di me, me lo avrebbe affittato!!! mi aveva scelta!!! prescelta!!!
Oltre all'orgoglio senza limiti che provavo per il fatto di essere stata scelta, di esserle piaciuta, di aver suscitato fiducia in lei, ero soddisfatta della mia scelta, della mia reggia con giardino e della mia proprietaria adorabile. Evviva! avevo un tetto sotto cui vivere.

Così ho fatto il trasloco. Erano le quattro di pomeriggio e non più le 13h come il giorno in cui avevo visitato il monolocale ancora occupato dalla studentessa che mi aveva preceduta e quindi decorato e abbellito con le sue cose. Ora mi sembrava un po' meno bello e soprattutto molto buio. Se non accendevo la luce non riuscivo a vedere assolutamente nulla, neanche lo scalino che separava quello che nei miei ricordi era un salone da quella che nei miei ricordi era una cucina. Una volta accesa la luce, vidi la triste realtà e cioè che il mio entusiasmo era stato generato solo dalla gioia di essere prescelta da qualcuno e di aver superato l'esame "nazionalità, accento, dossier, stipendio". Ora vuota, senza luce naturale e senza studentessa, la mia reggia mi appariva per quello che era veramente: un'ex portineria, umida, stretta e deprimente, divisa dall'androne del palazzo da una sottilissima porta di legno, un fruscellino. Quello che mi sembrava un cortile era un esagono in cui non batteva mai la luce del sole se non per venti minuti dalle 13 alle 13.20 e sul quale affacciavano tutte le case del palazzo. Mi ero sentita una principessa e mi ritrovavo portiera.

La prima sera che ho provato a dormirci dentro ho scoperto i ritmi di vita di tutti gli inquilini del palazzo, dato che l'ascensore e il citofono erano praticamente dentro casa mia.
- Ecco, ho pensato, perché i portieri sanno tutto, perché tutto passa da casa loro.
La notte l'ho trascorsa seguendo i rientri a casa dei vicini e non ho potuto chiudere occhio finché l'ultimo non si è ritirato.
La mattina dopo ero malata, starnutivo e mi soffiavo il naso continuamente. Il mio corpo è un sensore di umidità: mettetemi cinque minuti esatti sotto un getto di aria condizionata, in mezzo a una corrente d'aria o in un luogo umido e vi faccio da igrometro.

Quando mi è venuta a trovare la mia amica Meri, dalla sua faccia ho capito tutto. Non c'è stato bisogno che mi dicesse nulla.
Sono scoppiata e le ho detto: - Meri, non l'ho fatto apposta!! ero disperata e quando ho visto che la proprietaria era simpatica ho voluto credere che la casa era bellissima, luminosa e spaziosa, con giardino.
- Luminosa, Manu?
- Sì..... l'ho visitata alle 13.
- Ma forse sarà luminosa dalle 13.00 alle 13.05?
- No, dalle 13.00 alle 13.20.
- Ah ecco! cambia tutto.
- Meri scusami, mi vuoi ancora bene?
- Ma certo Manu, l'hai fatto perché eri disperata e non sapevi dove andare, quando hai visto la proprietaria americana super simpatica non ci hai capito più nulla.

Se avevo il perdono il Meri, potevo perdonare me stessa. Ma intanto dovevo cercare un modo per andare via. La ragione non si è fatta attendere a lungo, infatti per gli unici tre giorni della mia vita che ho dormito in quel buco malefico sono stata così male che sono dovuta andare dal medico.
Ne ho parlato con la mia unica amica parigina e lei mi ha detto che per una cosa del genere potevo risolvere il contratto senza pagare i danni e mi ha presentato una sua amica avvocatessa che si occupa principalmente di diritto immobiliare.
- Non ti preoccupare, mi dice Hélène guardandomi con un sorriso complice, adesso definiamo insieme una strategia, tra una settimana sei fuori da lì.
Il mio spirito si è appaciato per un attimo: anche in questa città esisteva qualcuno con un cuore umano.

Hélène mi ha suggerito di dire alla proprietaria che stavo male e che per ragioni di salute non potevo restare in quella topaia (ex-reggia con giardino di Versailles nella mia immaginazione sognante), le proponevo dunque di andare via pagandole quindici giorni invece dei tre in cui avevo effettivamente occupato l'appartamento. La proprietaria non ha accettato (improvvisamente non mi sembrava più un'americana super simpatica). Allora con Hélène siamo passate alla mossa successiva: attenzione, tenetevi forte, qui si va sul pesante. L'ho fatto! Ho mandato anche io una raccomandata (ah, le raccomandate! le ho dimenticate nella lista degli orrori di cui sopra, ricordatemi di parlarne più tardi. Mandare una raccomandata è la peggiore minaccia che si possa fare a un francese. Non importa che gli ammazziate il gatto non si vendicherà, non importa che gli mettiate una bomba sotto la macchina non se la prenderà, ma se gli mandate una raccomandata con ricevuta di ritorno non vi guarderà mai più negli occhi). Vi abbiamo illustrato tutti i fatti nell'ordine di svolgimento (compresa la mia allergia all'umido) e abbiamo sottolineato il fatto che la proprietaria mi aveva chiesto due mesi di affitto di cauzione invece di uno (come stabilito dalla legge), non mi aveva dato la Dichiarazione dei rischi tecnologici e materiali (obbligatoria per legge) e non aveva accettato la mia proposta di risolvere il contratto in via amichevole. Per finire, l'abbiamo dovuta minacciare di farle consegnare le chiavi dall'ufficiale giudiziario.

Ha funzionato! La mia proprietaria, con la coda tra le gambe, mi ha restituito tutti i soldi tenendo solo quindici giorni di affitto, ha fatto l'inventario dei beni (beni?) senza guardarmi mai negli occhi, ha firmato la mia uscita dai luoghi, ha ripreso le chiavi e siamo andate via. Ma come si può affittare un posto così? Perché i ricchi amano vivere nel lusso e lasciare gli altri in umidi buchi senza dignità? Ma questa è un'altra storia ...

Dunque, ricordate: se non riuscite a ottenere qualcosa con la mia strategia proposta due post fa, minacciate di mandare una raccomandata, funziona sempre!

Se invece volete sapere come la mia immaginazione era riuscita a manipolare la realtà, guardate la foto qui al lato e per imparare a farlo anche voi attendete il mio prossimo post sulla possibilità di crearsi la realtà desiderata.

mercoledì 20 luglio 2011

Il piede del maiale

È una tranquilla serata estiva. Sono in giro con il mio amico Michele (siciliano) e la mia amica Jole (pugliese) (scusate, ma è meglio precisare le origini :))) e abbiamo previsto di andare a cena fuori. Ci stiamo chiedendo dove andare e stiamo passando in rassegna i diversi posti possibili. All'improvviso, non so come, mi viene in mente un posto dove volevo andare da anni. Mi era stato raccomandato da diverse persone in quanto ristorante Liberty, storico, dall'ottima offerta culinaria francese, ecc... 


- Dai, andiamo al Pied de cochon. Dai...dai...


È lontanuccio, i miei amici non l'hanno mai sentito nominare..così devo insistere un bel po' per convincerli ad andare. Arriviamo al Pied de cochon, ci chiedono di aspettare un attimo per indicarci il tavolo. Attendiamo.. Durante l'attesa ci offrono una flûte di champagne..ottimo! cominciamo bene! 
Inizio a tranquillizzarmi: la mia proposta pare buona, i miei amici si fideranno di me e saranno inclini ad accettare con gioia i miei futuri suggerimenti.


Finalmente ci sediamo. Io inizio a parlare con i nostri vicini di tavolo, due giovani dall'aria simpatica, i quali mi dicono che adorano questo posto e che vengono spesso. Abbiamo fatto bene a venire. Sempre più rassicurata per la mia fantastica scelta, inizio a guardare il menu. Scorro, scorro, scorro... ma ho la vaga impressione che il mio stomaco non mi invita a fermarmi su alcuna voce...continuo a scorrere, scorrere, scorrere...e mi inizia a sembrare che si tratti sì di cucina francese, ma proprio di quella basica e terra terra che a me non piace, nulla a che vedere insomma con la nouvelle cuisine del mio post precedente per intenderci. E inoltre i prezzi non erano per nulla convenienti. Dunque inizio a pensare: ma perché devo spendere 35€ per una normale bistecca, ma perché devo spendere 45€ per un maigret de canard che non mi piace.. E così, scorri, scorri, vedo che questo menu non risponde poi più di tanto ai miei gusti. Io sono dell'idea: "spendi per fare una cosa che ti piace", ma "spendi per fare una cosa che non ti piace"...non rispecchia molto la mia filosofia. Così decido di prendere la "Specialità del Pied de cochon 17€" per non dover prendere proprio una banale insalata. Sapendo che Pied de cochon è il nome del ristorante, per me corrisponderà a specialità della casa. E va bene! vada per questo! visto che non so cosa scegliere facciamo scegliere alla casa.


Guardo i miei amici e vedo che Michele ha fatto la mia stessa scelta, mentre Jole un'insalata... Io la cerco di convincere di prendere anche lei la specialità della casa, dopotutto eravamo venuti sin qui, nel posto tanto famoso, storico, Liberty e tutto il resto... ma niente, non mi sta a sentire. Fa nulla, peggio per lei. Speriamo che queste specialità siano davvero speciali.


Dopo mezz'ora, morti di fame (non avevamo mangiato tanto a pranzo per goderci al massimo la cena fuori), vediamo la cameriera sorriderci mentre si avvicina al nostro tavolo con tre piatti in mano.
- Specialité Pied de cochon?
- Per me grazie, dico io
- L'altra specialité Pied de cochon?
- Per me, dice Michele.
E l'insalata a Jole.


Io guardo il piatto di Michele, situato proprio di fronte a me, proprio su una linea retta di fronte ai miei occhi e vedo una zampa di maiale completa di unghie.
Il mio diaframma sobbalza. Io gli chiedo di tranquillizzarsi, sperando che si siano sbagliati e che magari nel mio piatto ci sia qualcosa di diverso.
Guardo nel mio piatto.
Dentro vi giace la stessa cosa.
Il mio diaframma si arrabbia per la falsa speranza e inizia a girare minacciandomi di ribaltarsi se gli inserisco dentro qualcosa che viene da quel piatto.
Guardo Michele. Michele guarda me. Tutte e due guardiamo Jole che, dal canto suo, felicissima per la sua insalata ci ricambia con uno sguardo tra derisorio, fiero e compassionevole. Nessuno osa dire una parola.
Michele non osa dire nulla per non farmi mortificare? Io non oso dire nulla per non ammettere l'assurdità della mia cattiva scelta? Jole non osa dire nulla per non infierire su di noi?
O forse nessuno osa dire nulla, perché nessuno sa che DINDIRINDINA CI FA UNA ZAMPA DI MAIALE CON LE UNGHIE nel nostro piatto????


A questo punto, parlo...:
- Miki..
- Dimmi Manu.
- Ma, secondo te, cosa si mangia?
- Non lo so Manu.
- Ma, secondo te, se la tagliamo da dentro esce la carne?
- Non lo so Manu, possiamo provare.
- Ma, secondo te, dobbiamo prenderla in mano o mangiarla con coltello e forchetta?
- Non ne ho idea Manu.
- Miki.
- Dimmi Manu.
- Vuoi provare prima tu e mi dici?
- Proviamo insieme.
- Ok.
Prendiamo le posate e iniziamo a tagliare per vedere cosa c'è dentro. La mia zampa si spappola ed escono fuori pezzetti di ossa da tutte le parti. 
- Miki!!! 
- Dimmi Manu.
- Ma il mio maiale lo hanno prima picchiato a sangue, spezzandogli tutte le ossa, e poi ucciso!!! è disgustoso!
- Anche il mio credo...


Il mio stomaco era chiuso. Solo la mia lingua ha fatto un gesto per tastare un pezzo di pelle di maiale che le stavo mettendo in bocca con la forchetta. E poi si è ritirata.


- Miki, io non ce la faccio, non riesco a fare nessun gesto, né a mangiarmi la pelle, né le ossa, ma cosa c'è da mangiare qui dentro? Per cosa sono i 17€?
- Non ne ho idea, questi pezzi il macellaio di mia madre li regala ai cani la sera.
- Secondo te posso chiedere di cambiarmi il piatto se gli dico che mi viene da vomitare?
- Se proprio stai male, prova.
- Sto proprio male.
- Ok, allora prova.


Chiamo la cameriera.
- Mi scusi....ehm... non riesco a....sì insomma a... capire...quale sia la parte da mangiare.
- È la specialità della casa.
- Sì, ho capito, ma non capisco cosa devo mangiare, dov'è la carne?
- Non c'è carne, c'è pelle e ossa?
- E si mangia solo la pelle?
- Sì, è una specialità molto pregiata, la gente viene qui apposta per mangiarla.
- Capisco.
- Non le piace?
- Non riesco proprio a....sì insomma, non riesco neanche a metterla in bocca.... mi viene da vomitare e volevo chiederle se...posso cambiare il piatto...
- Beh se si sente proprio male, ok, me lo dia, glielo cambiamo, cosa vuole al suo posto?
Volevo dire "un bicchiere d'acqua", ma dovevo farmi venire un'altra idea. Così ho tergiversato: - Miki, vuoi cambiarlo anche tu?
- No, Manu, non ti preoccupare, me lo tengo.
- Ma che mangi?
- Non fa niente, non mangio, continuo solo a dissecare tutte le ossa.
- D'accordo.. posso avere un attimo il menu?
- Certo prego.
Così ripiego sulle ostriche, spenderò 30€ per 6 ostriche, ma almeno non vivrò un'esperienza che non riuscirò più a dimenticare.


Arrivano le ostriche, le mangio, tutto a posto. Cerco di mangiare pane e burro il più possibile per riempirmi. I vicini di tavolo ci chiedono come mai non ci è piaciuto. Io gli rispondo solo che non avevo capito che parte mangiare e loro mi dicono la pelle. 
Va beh..
Torniamo a casa quella sera e cerco di dimenticare il tutto. Ma all'improvviso, mentre mi metto il pigiama una vignetta si staglia davanti a me: un piatto con un piede di porco. Cerco di cancellarla pensando ad altro, ma la notte sogno un piede di porco, la mattina dopo a colazione immagino un piede di porco e a pranzo, mentre faccio la fila per la mensa, vedo piedi di porco ovunque.
- Mikiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii
Lo chiamo al telefono.
- Hey Manu.
- Ti volevo dire che mi dispiace!!! Scusa, non lo farò mai più. Penso sia il senso di colpa che mi tartassa perché vedo piedi di porco ovunque, non riesco più a mangiare né a dormire.
- Bene! Sono contento, mi dice ridendo. Neanche io! Almeno tu non lo hai mangiato. Io sto solo vomitando da tre giorni.
- Miki, te lo giuro che mi dispiace, scusami, non volevo ucciderti.
- Dai sto scherzando, non ho vomitato, vedo solo piedi di maiale ovunque anch'io, anche al posto delle gambe delle donne che guardo tutti i giorni per strada!
- Ah! questo fai? allora ti sta bene!
- Dai, non ti preoccupare, ci passerà...
- Dici? In quanto tempo secondo te?
- Una decina di giorni, forse.


Qualche settimana dopo, esco con il mio ragazzo e mentre parliamo viene fuori la storia del piede di maiale. Gli racconto tutto e lui mi dice: Ma stai scherzando! è una specialità pregiata, è il mio piatto preferito.


Da quel momento ho capito: non potrò mai amare qualcuno che ama una zampa di maiale e l'ho lasciato all'istante, per la prima volta in vita mia senza nessun rimorso e la ragione potete capirla da soli guardando la foto qui sotto:









venerdì 15 luglio 2011

Il venditore di emozioni

Se siete tristi e volete sottoscrivere a una settimana gratis di rimotivazione, chiamatemi e vi metterò in contatto con mio fratello. Il prezzo è di circa 2000€, ma ne vale davvero la pena e la vostra percezione relativa a un posto che non vi è mai piaciuto tanto cambierà per sempre.


Come molti sanno, non sono mai stata una fan accanita della Ville Lumière per diverse ragioni di cui non staremo qui a discutere, ma due mesi fa una serie di coincidenze hanno fatto in modo che finalmente, dopo sette anni che gli chiedo di venirmi a trovare, mio fratello è venuto!


Il tutto non era cominciato al meglio perché era già mezzo malaticcio, è vero che si ammala ogni volta che deve partire per un viaggio e poi qui a maggio c'erano 15° e anche con canottiera, maglietta e giacca si gelava a causa del vento. La prima sera è riuscito a guardarci ballare tutto il tempo senza muovere un muscolo a causa del malumore generato dal mal di gola, che si sa è davvero sgradevole, e il secondo giorno faceva foto come in stato giapponese-catatonico, senza vera coscienza e senza dire una parola, ma poi qualcosa è riuscito a farlo riprendere alla grande e per tutto il resto del soggiorno ha tirato fuori l'ingrediente principale della cura settimanale. Andiamo a scoprire quale.


Prima tappa: ovviamente KENZO! On the top of the roof. Appena siamo arrivati giù al palazzo, mio fratello ha iniziato ad andare in ebollizione: - Manu, ma è fantastico!! Ma in che posto mi hai portato!!
Ha iniziato a impazzire, a fare foto ovunque, a tutti gli angoli, mentre salivamo su all'ultimo piano con l'ascensore assieme a una modella con coda di cavallo lunghissima e vestito con cintura e zeppe super fashion. Vedevo mio fratello che iniziava ad agitarsi, non riusciva a stare fermo, non sapeva più se prendere la macchina fotografica, posarla, guardare su, guardare giù, sembrava che con unico sguardo volesse essere capace di captare tutto, senza perdere neanche un dettaglio, neanche un'emozione, neanche un'esperienza.


Quando siamo arrivati sul tetto, sotto la cupola a vetri con vista sulla Senna e sulla Monnaie de Paris, proprio come nella fatidica ultima scena di SATC, si è un po' appaciato ed è entrato in una fase di meditazione profonda, con tutti i sensi al massimo della loro capacità sensoriale. 


La cameriera super fashion con vestitino nero corto e super coda di cavallo lunghissima voleva piazzarci in un tavolo sul lato da cui non si vedeva il fiume anche se eravamo i primi ad essere arrivati e il ristorante era ancora vuoto. Io per un attimo ho cercato di reprimermi perché quando si è nei posti frequentati dell'alta società si accetta tutto senza battere ciglio perché "i borghesi non fanno mai storie, non è decoroso", ma poi per fortuna il mio istinto ha ancora una volta avuto il sopravvento sulle convenzioni sociali e ho applicato la mia nuova ma ormai collaudata strategia parigina: rompi i cosiddetti finché non accettano di fare quello che gli chiedi, ma fallo in modo gentile ed elegante.  


Ottenuto il tavolo che volevo io, mio fratello, senza aver mosso un dito per aiutarmi, si è appostato nella posizione migliore da cui si vedeva tutto il panorama, ma la sua espressione di felicità era talmente parte della cura che l'ho lasciato fare senza battere ciglio, non mi è sembrato neanche ingiusto. Tanto avrei avuto la mia ricompensa.


Tutto quello che ha seguito quel momento è stata un'esperienza sensoriale senza pari. Mio fratello ormai era in uno stato meditativo superiore da cui non è più uscito per tutto il resto della serata e la sua estasi ha iniziato a contagiarmi. 


Quando sono arrivati i piatti li ha guardati come si guarda un gioiello: Foie gras su cuore di carciofo, Ostriche, Canard, Thon, Tarte Tatin, Crême brulée..


Parte importante della cura: al momento di pagare il conto, non si batte ciglio, non lo si guarda neanche e si mette semplicemente la carta di credito sul tavolo. Questo punto è da osservare con religiosa precisione.


Abbiamo proseguito la serata con una passeggiata lungo il fiume, quella sera la Senna sembrava più bella del solito. 


Il giorno dopo, ci attendeva il ristorante dal concetto lounge-design situato all'ultimo piano del Centro Georges Pompidou e da cui si può ammirare tutta la città. Ho atteso 7 anni per poterci andare con qualcuno che avrebbe apprezzato al massimo quell'esperienza e ne è valsa la pena. Vetrate enormi sulla ville, decorazione pura e rose rosse su tutti i tavoli, strane strutture in titanio dalle forme futuristiche. E ovviamente nouvelle cuisine. Dopo il secondo ristorante chic del programma, sarete pronti per affrontare lo shopping nel Marais, facendo finta di andare al Museo Picasso dove in realtà non arriverete mai, "distratti per caso" dai numerosi e originali negozi. A questo punto sarete pronti per la tappa successiva: lo shopping serio per veri addict, quello a rue Saint Honoré. Bisogna entrare in ogni negozio da cui si è naturalmente attirati, farsi abbracciare senza resistere e cedere alla tentazione. Mio fratello era stremato dalle emozioni, non riusciva quasi a parlare, a raccontare la sublimità di ciò che stava vivendo. E io non potevo far altro che essere felice. 


Siamo tornati a casa con un numero indefinibile di pacchi, tra cui il pezzo forte: la camicia di Lanvin, oltre a circa 40 calamite, regali per amici, conoscenti e gente che non aveva ancora conosciuto. Quella sera sembrava non avere più energie per niente, ma mi sbagliavo! 

- Cosa?? Dormire, ma sei impazzita, dobbiamo andare a vedere la Torre Eiffel illuminata! alzati!


E così siamo andati a vedere la Tour. In un crescendo di estasi che sembrava non raggiungere mai il suo punto culminante, mio fratello non poteva più restare nei confini del suo corpo. Lì davanti a quell'opera imponente, illuminata a intermittenza, in blu, per cinque minuti si è consumato il suo nirvana.


A questo punto del soggiorno arriverà il momento dei musei: Orsay, Louvre, Rodin, Marmottan, Art moderne, Maillot e tutto quello che desiderate: lusso e cultura è il motto della cura. Esposizioni, arte, concetti senza limiti.


Ultima tappa del viaggio: Belleville. Perché noi siamo tutto e il contrario di tutto, Ritz e Belleville, Kenzo e Bellevilloise, centre ville o banlieue, l'importante è restare eclettici e aperti a tutto.


Alla fine della settimana sarete ritemprate, uno spirito e un entusiasmo nuovi vi accompagneranno, nuovi progetti emergeranno in voi e amerete per sempre la città della gioia. Non si tratta di una banale settimana di vacanza, mio fratello vende emozioni, vende sensazioni, vende estasi. Il suo lavoro è CREATORE D'ESPERIENZE. Provare per credere.

lunedì 11 luglio 2011

Quando io non busso e tu apri la porta

Oggi mi è capitata una fantastica avventura, non sarò mai più la stessa persona.

Da diverse settimane ricevo delle mail dal servizio pubblico semi-gratuito di biciclette le quali mi dicono che devo convalidare le nuove Condizioni generali di vendita del servizio.

Giusto per spiegare velocemente di cosa si tratta (è una cosa fantastica): il Comune di Parigi mette a disposizione del pubblico migliaia di biciclette (Velib) poste in centinaia di punti in tutta la città e con soli 29€ di abbonamento all'anno è possibile prendere queste biciclette in un punto, fare il tragitto che si vuole e deporle in un altro punto. Se le si usa per mezz'ora è gratis e ciò rientra nei 29€ annuali, altrimenti si paga 1€ all'ora per tutte le ore supplementari.

Non so perché, ma qualche mese fa hanno deciso di cambiare le Condizioni generali di vendita e per poter continuare a utilizzare la propria tessera, bisognava passare da una benedetta stazione Velib e semplicemente accettare queste nuove condizioni. Io già ci avevo provato un paio di volte, ma non riuscivo a trovare all'interno del sistema come e dove convalidarle. Comunque, finché mi lasciavano prendere le biciclette, non mi sono preoccupata e ho pensato che forse il fatto stesso di aver accettato mentalmente queste nuove condizioni fosse bastato per far capire alla società di gestione che per me non c'erano problemi.
Continuavo, però, a ricevere e-mail: Per favore Signora, può convalidare le nuove Condizioni generali di vendita? Basta fermarsi presso una stazione Velib, appoggiare la Sua tessera e le verrà chiesto automaticamente di convalidare...


Automaticamente, automaticamente...non proprio, ci avevo già provato due volte e nessuna richiesta automatica mi era giunta. Così stamattina ero motivata più che mai per fare luce sull'argomento e si sa che quando si è motivati si riesce sempre ad andare fino in fondo.

Dunque prendo la mia bicicletta, faccio i miei dieci minuti di tragitto e quando arrivo alla mia meta appoggio la tessera per cercare di capire come convalidare queste benedette condizioni. Lo schermo mi chiede il mio codice, inserisco il codice, lo schermo mi chiede cosa voglio fare, se voglio prendere una bicicletta (no, già l'ho presa), conoscere la prossima stazione più vicina (no) o parlare con un operatore?
Parlare con un operatore? Ma come? Dove? Se scelgo questa opzione mi appare qualcuno sullo schermo? Mi possono vedere? C'è una telecamera?
Seleziono questa opzione e inizio a guardarmi attorno. Non vedo nulla. Lo schermo dice Attendere prego. Attendo prego. Poi lo schermo mi dice: Adesso può parlare.
.....
Ma con chi? Dove devo guardare? Chi mi sta ascoltando?
Prima di osare parlare alla macchinetta del Velib, mi guardo attorno: se passa  qualcuno devo prima spiegargli con chi sto parlando altrimenti chiamano il manicomio. Per ora non passa nessuno. Inizio a parlare: - Buongiorno, ehm... scusi.... ehm.... non riesco a capire come convalidare le nuove Condizioni generali di vendita. Ricevo mail da settimane, ma poi arrivo alla stazione e non capisco come fare...
Sono attaccata alla macchinetta, quasi l'abbraccio....passa una coppia, si gira a guardarmi, poi si guardano tra di loro, avanzano un po' e di rigirano a guardarmi. Io faccio finta di nulla e mi guardo attorno.

Lo schermo continua a mostrare la scritta: Parli pure, la ascoltiamo.
A queso punto rispondo a tono: - Ma sto parlando... ho spiegato tutto il fatto...ma posso capire con CHI sto parlando...?
Passa un'altra coppia.... a questo punto vorrei quasi chiamarli e spiegare loro che ho appena scoperto che è possibile parlare con le stazioni di Velib, sono sicura che nessuno lo sa! però mi fermo perché per ora non ho ricevuto nessuna risposta e quindi non posso sostenere fino in fondo la mia tesi.
All'improvviso qualcuno mi parla: Buongiorno Signora, cosa posso fare per Lei?
- Ehm..ma chi è? Dove devo guardare mentre le parlo?
- In su, Signora, guardi verso su, il microfono è in alto.
- Ma potete anche vedermi?
- No, solo ascoltarla. Parli pure.

Così, attaccata alla macchinetta per cercare di sentire nonostante il traffico, le moto e gli autobus, inizio a guardare verso il cielo e a parlare: - Sono settimane che ricevo una mail in cui mi si dice che devo convalidare le Condizioni generali di vendita, ma non so come né dove? 
- Mi può dare il Suo codice per favore?
- Certo, eccolo...
Adesso dall'esterno sembravo ancora più una pazza, non solo parlavo da sola guardando verso l'alto, ma davo anche l'impressione che qualcuno dall'altra parte mi rispondesse, un vero e proprio dialogo..., con una macchinetta elettronica, che mi chiedeva dati, nome, informazioni...
- Ah Signora ho controllato, Lei ha già convalidato le nuove condizioni.
- Ma quando? Come? Dove?
- Non lo so, ma sono già state convalidate.
- E ma allora perché continuate a mandarmi e-mail.
- Non ne tenga conto, è tutto a posto. Prenda tutte le biciclette che vuole.

Allora, avevo ragione! il solo fatto di aver pensato dentro di me che ero d'accordo con le nuove Condizioni generali...aveva automaticamente inviato il messaggio alla Società di gestione. Se lo racconto a qualcuno mi crederà?

venerdì 8 luglio 2011

Sorridi, sei su Candid Camera

Circa tre anni fa, quando ero povera, non facevo il carissimo abbonamento dei trasporti tutti i mesi. Così, una volta ho preso il bus solo per qualche fermata senza....ops, posso dirlo? senza biglietto. Naturalmente, secondo la legge di Murphy, giusto una fermata prima della mia sono saliti i controllori e quando salgono non c'è scampo, qui la polizia è cattiva con uomini e donne, neanche a pensarci di sorridere come facevo a Napoli quando, sempre senza casco e senza documenti, dopo avermi fermata mi lasciavano andare via.
Dunque il cattivissimo controllore mi ha chiesto i documenti e io tranquilla glieli ho dati. Lui si è segnato l'indirizzo e mi ha lasciato finalmente andare via. Ciao..ciao. Ma intanto io avevo cambiato indirizzo e volevo trasformare quest'esperienza in un esperimento sociologico finalizzato a scoprire se quando prendi una multa e cambi indirizzo in Francia ti trovano. Per Napoli già conoscevo la risposta.

Due anni, e tre traslochi, dopo l'ufficio delle entrate mi ha trovata! e mi ha mandato un avviso per dirmi che mi avrebbero prelevato 180€ dal conto per pagare la multa più gli interessi. Très bien: chissenefrega. Cosa mi cambiano 180€? Che facciano pure. Go ahead.
Quello che invece mi ha dato un po' sui nervi sono stati i 18€ che si è presa la banca in qualità di "spese dossier", quali spese poi? vai a capire! Comunque, andasse per i 180, andasse pure per i 18, tanto tutto avrebbe avuto luogo sul mio conto senza che io mi accorgessi di nulla, l'unica cosa che avrei visto sarebbero state due linee sul mio estratto conto. Tant pis. Pagamento avvenuto. Eravamo tutti contenti.

Due settimane dopo, l'Ufficio delle imposte mi ha mandato un'altra lettera per dirmi che mi avrebbero prelevato 180€ sul mio conto per una multa che avevo preso due anni prima. Eh NO! Una volta sì, ma due no! 198€ ve li avrei dati, ma 396€ non ci sono santi!
Così ho chiamato l'agenzia delle entrate per fare presente che mi avevano addebitato due volte la stessa multa, ma loro hanno negato. Io gli ho ripetuto che avevo sotto gli occhi le DUE lettere che mi avevano mandato reclamando due volte la stessa multa a due settimane di distanza e il tipo dall'altro capo del telefono ha cominciato a deridermi dicendo che ero pazza, che non ci vedevo, che stavo inventando tutto.
- Certo! non ho altro da fare.
- Signora, per favore la smetta, basta non mi faccia perdere tempo.

Molto basita, ho chiamato la banca per chiedere perché in tutto questo mi avevano prelevato due volte questa somma senza neanche chiedermi l'autorizzazione. E... colmo dei colmi anche la banca nega che mi abbiano prelevato i soldi due volte. A quel punto mi sono fermata, mi sono data uno schiaffo, ho cercato di assicurarmi che fossi sveglia, ho acceso e spento la luce, aperto e chiuso la porta...sembrava tutto in regola, tutte le leggi della coscienza in stato di veglia erano soddisfatte....
Ho richiamato la banca, sperando che qualcun altro del centralino, dalla maggiore disponibilità all'ascolto, "cercasse" e "vedesse" finalmente che due volte 198€ euro erano andati via. Ma nulla, senza speranza.

Finché un giorno, l'ennesima persona della banca a rispondermi ha avuto un'idea: - Signora forse una volta la somma è stata prelevata sul suo conto liquido e una volta sul libretto di risparmio!
- Ma come mai? come è possibile? se l'Agenzia delle entrate manda una richiesta perché non prelevate sempre sul mio conto corrente?
- A questo non so risponderLe.
- Perfetto! ma io adesso cosa devo fare?
- Chiami l'Agenzia delle entrate e dica loro che Le hanno prelevato due volte la stessa multa.
- Ma ci ho già provato! non mi credono.
- E Signora cosa posso dirLe? riprovi!

Ho riunito tutte le mie energie positive, ho fatto una preghiera e ho riprovato. Non ha funzionato. Ho richiamato la banca, mi hanno ridetto di chiamare l'Agenzia dell'entrate, gli ho detto che l'avevo già fatto, mi hanno ridetto che loro non ci potevano fare nulla, io ho incominciato a chiamare in causa tutti i miei neuroni e tutte le mie connessioni sinattiche affinché mi inviassero un'idea. Ok: l'idea era quella di bombardare di telefonate la banca affinché accettassero di chiamare loro l'Agenzia delle entrate per dirgli che mi avevano prelevato due volte la stessa multa, ero sicura che se glielo avessero detto loro ci avrebbero creduto. Il segreto è di restare decisi ma gentili, non devi abbandonare, non devi smettere, non devi fargli capire che hanno vinto loro, ma devi restare cordiale, sorridente e adorabile facendogli capire con il miglior ragionamento razionale possibile che hanno torto. Questo non lo ammetteranno mai apertamente, ma magari anche senza ammetterlo accettaranno di fare ciò che gli chiedi. E così ce l'ho fatta! sono riuscita a dividere l'atomo! e una signora della banca per la disperazione creata dalle mie dieci telefonate al giorno ha finalmente accettato di chiamare l'Agenzia delle entrate. L'Agenzia gli ha subito creduto e immediatamente hanno accettato di rimborsarmi i 180€ reclamati per sbaglio.

Il tempo è passato, io ero felice, folleggiavo tranquillamente per Parigi e continuavo la mia vita finché non è arrivato l'estratto conto di quelle operazioni. Ho verificato che i 180€ mi fossero stati rimborsati, risposta affermativa, ma poi l'occhio mi è caduto sui 18€ euro di spese dossier pagati due volte. Eh no! perché devo regalare 18€ euro alla banca per il nulla. Già la prima volta li avevo pagati senza battere ciglio, ma ora diventava una questione di principio. Ho chiamato la banca: - No Signora mi dispiace deve farseli rimborsare dalla Agenzia delle entrate.
- Ma siete voi che me li avete prelevati, loro che c'entrano?
- Deve farseli rimborsare da loro.
- Ma se non volevano neanche restituirmi i soldi che mi avevano preso ingiustamente, si figuri se mi rimborsano dei soldi che non sono stati loro a prelevarmi!
- Deve farseli rimborsare da loro.
- Ma se siete stati voi a doverli convicere a restituirmi i soldi della multa! non mi ascolteranno neanche!
- Deve farseli rimborsare da loro.
A quel punto mi sono resa conto che stavo parlando con un uomo elettronico, uno di quelli che si possono trovare nel PDL, che quando intervistati ripetono tutti la stessa frase anche se non risponde alla domanda posta e dunque ho deciso di lasciare di nuovo stare per un attimo e attendere un'altra idea geniale.
Ho scritto una lettera alla direttrice della banca, spiegando tutti i pregressi e chiedendo il rimborso dei 18 euro. Dopo una settimana ho ricevuto una risposta in cui mi si diceva che erano desolati ma non mi potevano rimborsare.
Avevo bisogno di un'altra idea.... ho riscritto un'altra lettera in cui dicevo che la loro risposta mi aveva profondamente ferita, che non mi aspettavo di essere trattata così dalla mia banca, da una banca che pretendeva di essere accanto alla gente, da una banca che avrebbe dovuto coccolare i suoi clienti e non trattarli a pesci in faccia, da una banca che avrebbe dovuto essere un esempio di onestà mostrando di incassare soldi solo in cambio di servizi validi, da una banca che...

Una settimana dopo ho ricevuto una lettera:

Gentile Signora,

  Siamo lieti di annunciarle il rimborso dei 18€ di spese dossier pagati due volte.

Per servirLa, cordiali saluti

XXXX

A quel punto, avevo un solo pensiero: Sorridi Manu, forse ti stanno filmando ed è meglio pensare a come verrai nel video, se lo mandano in onda devi essere al meglio...